Durante i lavori di prosciugamento delle acque alla base dell’edificio delle Terme Suburbane, uno scheletro affiorò. Era il 1980 e quello scheletro fu solo il primo dei ritrovamenti di numerosi resti umani che rovesciarono la confortante convinzione che, durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., la popolazione di Ercolano si fosse quasi interamente salvata. La spiaggia e le arcate che sostenevano la terrazza delle Terme e dell’Area Sacra, utilizzate per la manutenzione e il ricovero delle imbarcazioni, erano in realtà, un cimitero di scheletri: in meno di cento metri di spiaggia ne furono trovati oltre 250. La morfologia originaria del sito è stata obliterata dalla spessa coltre eruttiva la quale indusse un avanzamento di alcune centinaia di metri della linea di costa. Nel disperato tentativo di salvarsi, gli abitanti di Ercolano si erano stipati nei fornici aperti verso il mare, dov’è concentrata la più alta percentuale di vittime; la contrazione degli arti indica che i corpi si trovarono esposti a un’elevata temperatura, mentre la bocca è spalancata probabilmente per l’affanno provocato dal tentativo di respirare con la trachea occlusa. A differenza delle vittime di Pompei, sepolte da strati di cenere che si indurì, le decine di metri di cenere che ricoperse i fuggiaschi di Ercolano si mantenne umida, avvolgendo i corpi gradualmente, via via che i tessuti molli si decomponevano, fino a preservarne le ossa. Considerando che i romani usavano incinerare i propri morti, gli scheletri rappresentano una scoperta eccezionale per l’antropologia fisica, che ha offerto quasi un censimento della popolazione di quel tempo.
Il 3 agosto del 1982, durante lo scavo dell’antica marina, venne riportata alla luce un’imbarcazione di legno carbonizzato che si trovava, capovolta, a pochi metri dalle Terme Suburbane. Vicino alla chiglia si recuperò lo scheletro di un uomo di 37 anni, probabilmente un soldato, alto circa 1 metro e 80, il quale indossava un cinturone da cui pendevano un pugnale e un gladio. Vicina, una borsa con dodici denari d’argento e due aurei. In un combattimento, magari lo stesso in cui gli era stato inferto il segno da arma appuntita che incideva il femore sinistro, doveva averci rimesso anche alcuni denti. Il regolare sviluppo dell’ossatura denotava una buona alimentazione e la testa dell’osso del femore appariva consumata, come nelle persone use a cavalcare. Gli strumenti da carpentiere trovati accanto allo scheletro, una borsa contenente un martello e due scalpelli per legno, sono un probabile indizio che in tempo di pace i soldati erano utilizzati in lavori di costruzione. È probabile che fosse da poco sceso dall’imbarcazione, forse una scialuppa di salvataggio, arrivata per soccorrere i numerosi ercolanesi che si erano riversati lungo la spiaggia. Una testimonianza non soltanto dello stile di vita e delle abitudini di allora, ma anche delle ultime ore di Ercolano, segnate dal convulso sciamare della popolazione in preda al panico.
Fondata in epoca Sannitica, Herculaneum fu una delle città circumvesuviane sepolte dalla grande eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che qui si manifestò con i suoi fenomeni più violenti ed improvvisi (correnti piroclastiche per lo più ad alta temperatura) e lasciò i depositi di maggiore spessore (fino a 25 metri).
Il punto di indagine 0015 è ubicato nell’area Archeologica degli Scavi di Ercolano e più precisamente in corrispondenza della rampa di discesa all’impianto di pompaggio e alla piattaforma costiera di tufo su cui si impostava l’antica spiaggia. Su tale piattaforma sono stati individuati tagli e solchi rettilinei, identificati come tracce di antiche attività estrattive di blocchi d tufo utilizzati per l’edificazione della città. Laddove è stata riportata alla luce dagli scavi archeologici, la piattaforma tufacea, un tempo emersa, giace attualmente a circa -6.5 m sotto il livello marino a causa della subsidenza del suolo determinata dai fenomeni vulcano-tettonici. Un sistema di pompaggio allontana le acque di falda, che diversamente sommergerebbero l’area.
Le sabbie deposte sul piazzale di cava datano due diverse fasi di trasgressione marina, la prima avvenuta agli inizi del primo secolo d.C., la seconda nella parte finale dell’ultimo decennio di vita della città prima della fatale eruzione del 79 d.C..
La rampa su cui è ubicato il sondaggio è tagliata nei depositi dell’eruzione del 79 d.C., esposti e ben visibili lungo tutto il fronte di scavo. Il sondaggio è stato ubicato nella parte bassa della rampa e quindi intercetta solo la porzione basale della sequenza che si attesta a -2.65 m di profondità dalla pavimentazione della rampa.
Al di sotto dello strato eruttivo si nota un modesto livello, di circa 5 cm di spessore, caratterizzato dalla concentrazione di sostanza organica carbonizzata, tra cui sono riconoscibili minuti frammenti di legno e vegetali (US3) combusti dai materiali eruttivi.
Lo strato carbonizzato copre a -2.7 m di profondità un livello di sabbia fine di colore grigio scuro mista a cinerite grigio-beige che rappresenta i sedimenti della spiaggia al momento dell’eruzione.
A -2.85 m di profondità tali sedimenti si impostano sulla piattaforma costiera costituita dal tufo di Ottaviano che, come si è detto, fu cavato per la costruzione degli edifici della città dal momento della sua fondazione. Nel punto di sondaggio, il tufo è ridotto allo spessore di soli 1.35 m, asportato dalle attività di cava.
La sequenza stratigrafica di età compresa tra il tufo di Ottaviano (8000 anni) e l’eruzione di Pompei (79 d.C.) non è stata rinvenuta nell’area di indagine poiché era stata già asportata in antico mettendo in luce il tufo da cavare.
Al di sotto del livello di tufo, da 4.2 a 10 m dal piano campagna sono state intercettate piroclastiti contenenti frammenti di tufo e lava di dimensioni anche maggiori del carotiere.